SOMALIA 1993- OPERAZIONE CANGURO 11

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view post Posted on 13/11/2009, 20:41
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Alba del 2 luglio 1993, l 'operazione Canguro 11 sta per partire.
Sono le 5 e 45 della mattina e da Balad comincia a muoversi l'autocolonna italiana verso Mogadiscio.

Il Generale Loi schiera una forza imponente:
800 militari, 700 dei quali Paracadutisti, trasportati a bordo di VCC e Fiat 6614, A dar loro man forte otto carri armati M-60 del 132° Ariete e altrettante B-1 Centauro dei Lancieri di Montebello.

Nonostante sia un'operazione di routine, i reparti vengono avvisati solo poche ore prima.

L'operazione è seguita dall'alto dagli elicotteri da combattimento A-129 Mangusta e dagli AB-205.

Le strade polverose della capitale somala vengono sovrastate dai cingoli dei mezzi italiani, superato il Check Point Pasta, i militari italiani prendono posizione all'interno della zona obiettivo, un quadrilatero di 400 metri per 700 tra "Pasta e "Ferro", un caposaldo italiano in un quartiere abitato dalla tribù di Aidid "Ha-ber-ghidir".

Una volta sull'obiettivo le squadre scendono dai mezzi e i Paracadutisti isolano la zona.
Altre squadre, appoggiati dalla polizia somala cominciano i rastrellamento casa per casa alla ricerca delle armi.

Un VCC1 "Camillino" a cinturazione dell'area del ceck-point Pasta
2luglio93cinturazionepa


La tensione fra i due maggiori capi somali, Aidid e Ali Mahdi, è alle elevatissima e i "signori della guerra" non sembrano intenzionati a mettere fine ai continui scontri, la tensione è molto alta e vi è il rischio che da un momento all'altro si accendano scontri con il contingente multinazionale.
Proprio per questo lo spiegamento messo in atto dal generale Bruno Loi è imponente.

I nostri soldati sanno di essere in missione di pace, ma anche un'operazione di peace keeping tra due fazioni, nasconde delle insidie notevoli. Nessuno se lo augura ma può accadere di tutto.

Il rastrellamento è quasi terminato. I Paracadutisti hanno scoperto parecchi depositi di armi, alcuni somali sono stati fermati e portati alla base per essere interrogati. Arriva l'ordine di rientrare. Canguro 11, pensa qualcuno, va già in archivio.

I blindati invertono la marcia e si avviano per uscire dal quartiere. Una parte della colonna si dirige verso il check-point Ferro, è il raggruppamento ALFA che deve rientrare al Porto Vecchio, l'altra, i militari dei Gruppo BRAVO, muove in direzione di Pasta, per tornare a Balad.

pasta01


La testa della colonna si avvicina già a Balad quando iniziano i primi incidenti.
Improvvisamente si odono le urla di nugoli di donne e bambini che avanzano verso i mezzi ancora rimasti in zona.
Compaiono le prime barricate, copertoni in fiamme, auto ribaltate e ogni sorta di suppellettili rallentano la marcia dei nostri militari.
I cingoli sferragliano sulle strade calde e polverose della capitale somala, gli uomini adesso più nervosi, sono all'erta, l'adrenalina è a mille.

Nell'aria c'e qualcosa che non va.



In pochissimi minuti le barricate si fanno piu consistenti. Quella che all'inizio sembrava una delle tante manifestazioni contro le Nazioni Unite a Mogadiscio, si rivela un'imboscata in piena regola.
Cosa ci sia alla base della decisione dei miliziani di attaccare i soldati dell'Operazione IBIS, non è ancora chiaro. Voci mai confermate (né smentite) dei vertici militari, riferiscono di una reazione a un piano italiano.
Il "Canguro", forse, portava nel suo "marsupio" una sorpresa per Aidid.
Una squadra dell'intelligence italiano lo aveva localizzato neI quartiere dei suoi fedelissimi ed era a un passo dalla sua cattura.
Quale sia la verità, quella mattina a Mogadiscio si scatena l'inferno.


I mezzi procedono lenti, la protesta dei somali impedisce di mantenere distanze e velocità di sicurezza, "Indietro, andate via", urlano gli ufficiali italiani.
In risposta ricevono insulti e sassate.
Per fare indietreggiare la folla, i Paracadutisti lanciano fumogeni, qualche flash-bang, ma la trappola è già scattata.

Dietro la cortina di donne e bambini, compaiono i Kalashnikov e gli RPG-7.
I manifestanti fanno da scudo, alle loro spalle i cecchini iniziano a bersagliare i soldati. Momenti di sconcerto, nessuno se lo aspettava. L'intesa tra italiani e somali si è rotta.
Dopo 50 anni il nostro Paese si trova impegnato in uno scontro armato, per di più in una missione di pace.

2 Luglio 1993, Paracadutisti feriti adagiati su una blindo Centauro
2luglio93feritiblindob

Cresce la rabbia, arrivano le prime reazioni.
Per terra cadono i primi feriti, un sottotenente dei LANCIERI DI MONTEBELLO, sul suo CENTAURO, viene colpito di striscio, si accascia, mentre una pioggia di pietre e di piombo si riversa sui nostri militari.
I Paracadutisti, riavutisi dalla sorpresa, rispondono al fuoco e intervengono anche i carabinieri del TUSCANIA, accorrono gli "specialisti", gli incursori del 9° COL MOSCHIN.

Un paracadutista apre il fuoco con il suo SCP70/90
2luglio93paracadutistas

L'imboscata però è ben congeniata, i nostri sono accerchiati, le strade sono interrotte dalle barricate, dalle finestre e dagli angoli defilati, i miliziani di Aidid sparano sui militari italiani.
L'allarme si diffonde a tutto il contingente.
Il Comando richiama subito i Paracadutisti del Raggruppamento BRAVO.
Erano già nei pressi di Balad, una ventina di chilometri da Mogadiscio. La radio gracchia, arriva l'ordine e i mezzi invertono la marcia in direzione della capitale.
Occhi aperti, colpo in canna, i Paracadutisti del 186° Reggimento sui VCC e sui gipponi VM-90, protetti alle spalle dai carri M60, arrivano lungo la Via Imperiale.
Più avanti, in prossimità di un incrocio, vi è il check-point Pasta, così chiamato perché allestito in prossimità di un pastificio abbandonato.

La strada è apparentemente deserta, ai lati della carreggiata i resti delle barricate e qualche auto in fiamme, si sentono gli echi delle raffiche.
Oltre l'incrocio c'e un ostacolo. Un'altra barricata, più grande delle altre.
Tre VCC-1 procedono a poca distanza l'uno dall'altro, quando sono investiti dal fuoco dei guerriglieri.
Il primo mezzo si piazza al centro dell'incrocio e risponde con le armi di bordo.
La Browning M2 da 12,7 mm e l'MG-42/59 in 7,62 mm crepitano per coprire l'avanzata degli altri.
Il secondo blindato lo segue, mentre il terzo ha fatto appiedare la squadra dei fucilieri, per mettere gli uomini in una migliore condizione di tiro.

Sono istanti che sembrano lunghi anni.
Da una strada laterale arriva un colpo mortale.
Un RPG-7 colpisce il secondo VCC-1 e la carica cava perfora la corazza, colpendola proprio sopra la parte superiore del cingolo. E' la prima vittima del 2 luglio.

2 luglio 1993, Foro d'entrata del RPG-7 sul VCC dei Paracadutisti
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Il Paracadutisti Pasquale Baccaro, mentre sta azionando la sua MG, viene colpito dal dardo di fuoco sulla gamba sinistra amputandogliela di netto. Resisterà per qualche minuto, ma la lacerazione è troppo grave e morirà dissanguato.
Dentro il mezzo è l'inferno.
I feriti escono dal portellone posteriore sconvolti per l'esplosione. Il Sergente Maggiore Giampiero Monti ha l'addome squarciato, il Paracadutista Massimiliano Zaniolo la mano devastata.

Gli uomini del terzo VCC già a terra, si schierano a raggiera per difendere i feriti e dar tempo ai soccorsi di arrivare.
Il sottotenente Gianfranco Paglia coordina l'azione, mentre il VCC più avanzato, allo scoperto, al centro dell'incrocio stradale copre i soldati a terra.
I miliziani adesso sono a 20-30 metri, si distinguono quasi i volti, sparano anche con i mortai leggeri e con le mitragliatrici, appostati fra le mura dei pastificio, nelle casupole e sui container.
La reazione degli italiani è decisa, la Browning 12.7 mm viene impugnata dal Sottotenente Romeo Carbonetti bersagliando con precisione gli aggressori, seguito a sua volta dal Sergente Maggiore Giovanni Bozzini con la MG 7,62 mm. I Paracadutisti a terra sparano a raffica con i loro fucili d'assalto SCP-70/90 e lanciano granate. L'azione dei due Quadri, oltre a dare un sublime esempio di coraggio ai propri Paracadutisti, sarà di fondamentale importanza per evitare che i somali, galvanizzati dal colpo del'RGP-7, prendano il sopravvento.

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Passano i minuti, le ambulanze e i soccorsi sono bloccati dal fitto fuoco avversario e dalle barricate.
Bisogna fare da soli per uscire fuori dalla situazione.
Il mezzo colpito, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, viene rimesso in moto, i feriti vengono caricati a bordo e il reparto lascia il luogo dell'agguato mentre l'intero quartiere è ormai in rivolta. Si combatte ovunque, lungo la Via Imperiale, si spara dalle vie traverse, in particolare dal pastificio.

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I militari italiani sono circondati e gli elicotteri A-129 MANGUSTA e i corazzati chiedono il permesso di poter utilizzare le loro armi.
Se entrassero in azione i 105/51 mm degli M-60 e i 105/52 mm delle blindo CENTAURO e se gli elicotteri potessero sparare i missili TOW, il compito delle truppe a terra sarebbe facilitato, l'assedio rotto con minor rischi per i soldati dell'IBIS.
ll generale Loi non se la sente di rischiare una carneficina.
I colpi di cannone tra le case, causerebbero sicuramente una strage, coinvolgendo anche civili innocenti. L'autorizzazione ad aprire il fuoco non arriva.
"Identificate e neutralizzate i centri di fuoco" risponde il Comando.

Si tratta di un lavoro molto rischioso che può essere affidato soltanto a soldati professionisti. Cecchini e postazioni vengono segnalati da terra e dagli elicotteri.
Sui loro VM arrivano gli incursori dei 9° Battaglione COL MOSCHIN, a cui spetta il compito più difficile, quello di far tacere mortai e lanciarazzi attaccandoli con le armi individuali o di squadra, ma senza l'appoggio delle armi pesanti. Gli uomini del COL MOSCHIN vanno all'assalto sotto una pioggia di proiettili.

Si sviluppa un combattimento casa per casa, con colpi di SCP, raffiche di MP-5 e bombe a mano contro i miliziani in agguato.
ll contrattacco si sviluppa nei dintorni del pastificio.
Gli Incursori combattono con decisione, la loro azione è perentoria, cinica, distruttiva per i somali.
Il Sergente Maggiore Stefano Paolicchi, operatore delle forze speciali, viene colpito.
Ma non si ferma.
Non cade a terra. Un 7,62 di un Ak-47 gli è entrato di traverso nello stomaco.
Sputa sangue dalla bocca, ma non molla.
In fin di vita si avvicina alla postazione somala che lo aveva colpito, e la saluta con una OD-82.

Cade a terra, con la sola forza di mormorare questa frase: "Non pensate a me, continuate a combattere.
E' la seconda vittima del 2 luglio.

Nella bufera più totale, con pallottole che schizzano ovunque, gli Incursori lasciano un VM 90 con le chiavi di accensioni inserite.

Le forze speciali erano gli unici ad avere questo tipo di mezzo con la Browning 12,7 in ralla.

Un gruppo di somali se ne impossessa.
I miliziani salgono a bordo del gippone, esultano, fuggono via con il loro bottino e sparano con la potente mitragliatrice sugli italiani.
Vengono immediatamente individuati da un elicottero MANGUSTA;
il puntatore li inquadra e chiede l'autorizzazione a sparare. "Negativo" Rispondono alla radio dal Comando. Le imprecazioni riecheggiano nell'interfono, adesso il gippone sparisce nel dedalo di viuzze del quartiere.

Ma il pilota dell'elicottero non ci sta, non molla la preda.
Vola radente sfiorando i tetti delle case, sapendo che le armi leggere dei somali possono poco contro la blindatura del velivolo.
Poco dopo riavvista il mezzo, che tra le altre cose porta con sè svariati chilogrammi di esplosivo C-4.

L'A-129 s'inclina, inquadra il bersaglio, chiede di nuovo l'autorizzazione al fuoco. Arriva l'"Ok". Il pilota non esita. Il missile TOW lo colpisce e complice la presenta dell'esplosivo che vi è a bordo lo disintegra completamente uccidendo tutti gli occupanti, una decina circa.
Intorno a Pasta i combattimenti continuano.

Quello che resta del VM90 colpito dal missile TOW
vm90tow

A "Ferro" si forma una colonna di mezzi, formata tutta da volontari.
Nessuno si tira indietro, vogliono tornare indietro per dare un aiuto ai Paracadutisti ancora intrappolati.
Due VCC-1 del Battaglione Carabinieri Paracadutisti TUSCANIA, uno del 186° Rgt e una blindo CENTAURO si lanciano nella mischia.
A tutta velocità entrano in una strada che sbocca sulla Via Imperiale.
Alcuni ostacoli si parano loro davanti, ancora spari e i mezzi italiani sfondano di slancio la barriera, rispondono al fuoco.
Il sottotenente Andrea Millevoi è il capo equipaggio della CENTAURO, coordina l'azione, sporge il busto fuori dalla torretta, per meglio controllare la situazione.
Viene colpito da una raffica e muore sul colpo. E' la terza vittima del 2 luglio.

Quasi contemporaneamente, alle sue spalle, tre colpi di Kalashnikov feriscono gravemente il suo parigrado della FOLGORE, Gianfranco Paglia, in azione su di un VCC.

2 Luglio 1993, l'elicottero sullo sfondo ha appena soccorso Gianfranco Paglia
2luglio93soccorsipaglia

Gli italiani, comunque, progressivamente si disimpegnano.
Gli incursori hanno realizzato una cornice di sicurezza, ma è tutto molto precario.
I miliziani ricevono nuovi rinforzi e i mezzi italiani ripiegano su ordine del Comando ma da alcune postazioni gli uomini di Aidid minacciano la colonna.
I carri italiani sono li, impotenti.
Gli ordini sono chiari "Niente artiglieria !" ma non e facile ubbidire quando vedi i tuoi commilitoni inchiodati a terra dal fuoco nemico. Qualcuno pensa che e meglio beccarsi una punizione piuttosto che vederli morire.

Un carro M-60 prende posizione, brandeggia la torretta, controlla l'alzo.
Spara 7 colpi da 105 mm, uno dietro l'altro.
Il Capitano che diede l'ordine verrà processato in Italia dalla giustizia militare.

Il bersaglio è un gruppo di catapecchie e container che fanno da riparo ai miliziani.
Da li, almeno, non colpiranno più e i somali debbono registrare forti perdite, inducendoli a moderare il loro ardore combattivo.

Sono circa le 13.00 e gli italiani abbandonano la zona e i posti di blocco Pasta e Ferro. Tenerli in quelle condizioni vorrebbe dire scatenare una battaglia campale con i somali. Il bilancio è tragico, con tre caduti italiani e 23 feriti. Ma Aidid non può cantare vittoria. Ha pagato a caro prezzo alle truppe dell'UNOSOM, con 187 caduti e più di 400 feriti (dati ufficiali) nello scontro, a riprova che l'azione dei militari italiani, pur se fortemente limitata, è stata efficace.

Dal 2 luglio in poi, a Mogadiscio nulla sarà come prima.


articolo originale di Giampiero Cannella

Edited by Cowboy President - 10/7/2013, 08:25
 
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